La paura
Cosa si intende quando parliamo di paura? Come si manifesta? E cosa ancora più importante per comprendere la paura è il dedicare attenzione al Che Cosa fa paura alle persone.
C’è un oggetto esterno nel mondo che innesca la paura, ma c’è un racconto interno fatto di esperienze, significati, aspettative e fantasmi che spesso è inconscio, e di cui l’oggetto, volendo riferirsi a Freud, non è che “la punta di un iceberg”.
Ma in fondo senza scomodare Freud, anche per le teorie degli atteggiamenti, il comportamento è la risultante di molti fattori per lo più invisibili.
Questo tema è particolarmente importante poiché centrale nella comprensione della resistenza al cambiamento. Solitamente quando si ha paura si hanno alcune reazioni tipiche: l‘evitamento delle situazioni fobiche, modificare l’ambiente e distruggere l’oggetto, oppure è il soggetto che cerca di acquisire maggiore controllo emotivo o apprendere strategie che disinneschino quella parte dell’oggetto verso cui ci si sente particolarmente a rischio.
Affrontare il problema attraverso questi livelli offre la possibilità, se tutto va per il meglio, di superare la situazione “reale” di paura.
Questa non è sempre la vera richiesta o il vero bisogno sottostante la difficoltà. Senza alcun dubbio è fondamentale lavorare sul problema contingente e manifesto, ma è bene essere consapevoli che esiste un piano relazionale in cui affermare di “avere paura” ha ben altre implicazioni; implicazioni in cui le terapie del profondo e l’analisi bioenergetica possono offrire grande aiuto per orientarsi in un mondo particolarmente affascinante.
L’approccio bioenergetico offre una possibilità incredibile per superare il conflitto che spesso si crea fra bisogno manifesto (comportamentale) e bisogno esistenziale (inconscio): esiste un conflitto dato dal fatto che il canale attraverso cui viene riferita la paura è il canale verbale, e attinge a modalità di analisi di tipo logico-razionale, mentre la richiesta esistenziale opera attraverso il dato emotivo, che nasce e persiste in strutture cerebrali molto profonde e arcaiche, alle quali la parola non accede.
In analisi bioenergetica, la parola può restare appannaggio della razionalità, ma al contempo il corpo offre la possibilità di intervenire sulla sfera emotiva e quindi ridurre il rischio di generare conflitti fra domanda e offerta terapeutica.
Alla domanda “ di che cosa hanno paura le persone?” la risposta ovvia è senz’altro “possibilmente di tutto” ; paura di oggetti , animali, persone singole o di gruppi, paura di situazioni frequenti o improbabili, di malattie o di cure, di ricordi e di pensieri, paura di sogni o azioni, paura di emozioni come la paura stessa o della gioia e delle sue possibili conseguenze; la paura non conosce limiti.
Le terapie cognitive o comportamentali hanno offerto un ampio panorama di procedure per superare le più disparate paure, e le tecniche sono in continuo aggiornamento; ma la Paura sottostante è qualitativamente diversa e di ben diversa soluzione.
Le Paure profonde sono stati emotivi che portano lentamente le persone a rinunciare per esempio a importanti relazioni sentimentali o a impieghi lavorativi; sono attivate da situazioni in cui un adattamento significherebbe mettere in discussione gli aspetti più profondi della personalità.
La personalità si struttura fin dai primi anni di vita grazie alle cure parentali, all’ambiente e ad aspetti individuali, è il frutto di un importantissimo lavoro che permette all’individuo di sapersi muovere lungo le due direttrici fondamentali della vita: il piacere ed il dolore.
E’ ormai sufficientemente chiaro come il dolore sia lo spettro della minaccia fisica e come rappresenti per l’organismo un segnale che lo avverte di un rischio potenzialmente letale.
Il piacere è l’insieme di tutte quelle sensazioni che giungono alla coscienza e ci fanno capire che con il nostro agire stiamo saziando un qualche tipo di richiesta più o meno profonda.
Ma l’esperienza clinica mostra come fra le due Forze, quella che ha maggior potere di condizionare il nostro comportamento è il Dolore, mentre il Piacere ha una capacità motivante inferiore, o perlomeno è in grado solo di modulare la nostra risposta al dolore, ma non riesce ad annullarlo.
I pazienti psichiatrici sorprendono per la grande capacità di vivere lontani dalle fonti di piacere, nel poderoso tentativo di evitare qualche tipo di esperienza dolorosa, e per come reagiscono alle esperienze piacevoli: in un modo che poco rispecchia l’ideale cinematografico, il paziente se portato ad aprirsi eccessivamente all’esperienza piacevole, può manifestare solitamente una grande fase di scompenso, l’apertura porta all’ingresso di grandi paure fantasmatiche che portano anche a violente chiusure o a negazioni della realtà.
Le persone psichicamente più sofferenti hanno occhi non abituati alla luce e pelli così sensibili da mal tollerare anche una lieve carezza: la Vita anche in situazione protetta è talvolta eccessivamente dolorosa.
Ma allo stesso tempo è bene tenere presente che per quanto una persona sia chiusa al mondo nel tentativo di evitare la sofferenza, un alleato al di là delle mura difensive erette nella vita ci attende: in silenzio il Piacere sopravvive in cerca di essere alimentato, e forse un poco alla volta, e far crescere quella curiosità che porta l’individuo ad alzare lo sguardo e osservare chi c’è al di là della siepe.
Di Alessandro Armani